sexta-feira, 22 de abril de 2016

Il Milan gioca come vuole Berlusconi, ma raccoglie solo fischi e una brutta prestazione

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Il pareggio contro il Carpi di ieri sera a San Siro è l'ennesima opportunità sprecata dai rossoneri in questa stagione. Berlusconi non ha neppure l'alibi della formazione questa volta.


Anche in questa stagione Silvio Berlusconi non ha mai smesso di battere sui tasti a lui tanto cari di un Milan che deve giocare con il trequartista e due punte e che deve avere sempre e comunque in mano il pallino del gioco e della manovra. Anche per questo Sinisa Mihajlovic è stato esonerato per fare posto a Cristian Brocchi.
La gara di ieri sera contro il Carpi, in questo senso, dovrebbe essere il manifesto ideologico della felicità per il presidente del Milan. Squadra schierata con il 4-3-1-2, in campo alcuni dei giocatori cheBerlusconi più gradisce, come Boateng trequartista e Balotelli in attacco e Milan che alla fine della partita ha avuto il più alto tasso di possesso palla che si sia mai registrato in questa stagione di Serie A, quasi il 77%. Tutto bene quindi, il Milan vince e convince, puntella il sesto posto e recupera punti sulla Fiorentina quinta. Niente di tutto questo. O meglio, Berlusconi probabilmente sarà stato anche soddisfatto leggendo le cifre della partita, non siamo sicuri l'abbia vista, ma tutto questo girare palla da una parte all' altra del campo ha portato pochissime occasioni e una sterilità offensiva che ha spazientito e irritato San Siro. Le bordate di fischi al triplice fischio sono emblematici di come "la squadra padrona del giuoco", ma che non crea troppi grattacapi al Carpi piaccia il giusto ai tifosi del Milan. Il punto non è provare a decidere dopo due partite se l'idea di calcio di Brocchi sia giusta o sbagliata, il punto è che qualcuno non vuole ammettere che questa squadra non ha sufficiente qualità e personalità per fare quello che ha sempre fatto nella sua storia.


Boateng, fischiato da San Siro, gazzetta.it
Boateng, fischiato da San Siro, gazzetta.it

E qui si torna a Mihajlovic per forza di cose. Il serbo aveva capito come giravano le cose e aveva sterzato dopo poche partite della stagione. Meglio compatti e di rimessa che fermi e piatti contro difese schierate. Contro il Carpi si è visto in maniera evidente. La palla girava da una parte all' altra del campo, ma a ritmo basso, con pochi movimenti senza palla tanto sul lato dell'azione che su quello opposto. E anche quando qualcuno ci provava nessuno aveva il coraggio di tentare una giocata alle spalle della difesa. Una difesa delCarpi si scardina così, oppure con una giocata di un singolo che saltando il diretto avversario crei la superiorità numerica e costringa la difesa a muoversi e a prendere delle decisioni. Il Milan, però, non è stato in grado di creare nessuna di queste situazioni. Berlusconi sarà anche convinto delle sue idee, il pensiero calcistico di Brocchi potrebbe anche essere giusto, ma questi due costosi abiti non sembrano adatti a questo Milan che da provinciale ha reso di più e meglio di quando ha pensato di essere tornato un ricco snob.


Mario Balotelli, prestazione opaca contro il Carpi, repubblica.it


L'ultimo (?) canto del Re


Con il gol di Bergamo e la doppietta di mercoledì sera contro il Torino, che hanno regalato quattro punti importantissimi alla Roma in ottica Champions, si è inevitabilmente riaperto il dibattito che vede Francesco Totti al centro dell'annosa questione: giusto il trattamento di Spalletti oppure il Capitano merita di più? Proviamo a fare chiarezza.


Essere o non essere, questo il dilemma. Peccato che in tempi recenti, il buon vecchio detto di shakespeariana memoria sia stato sostituito soprattutto nella capitale calcistica dello Stivale da un'altra annosa questione: Totti, o non Totti? Inevitabile che l'amore del popolo giallorosso nei confronti del Capitano, soprattutto all'indomani dei tre gol che sono valsi il pareggio di Bergamo e la rimonta dell'altro ieri contro il Torino, sia scoppiato in una manifestazione di affetto smodato che ha messo, ancora una volta, in estrema difficoltà Luciano Spalletti, travolto dall'ondata di tottianiche gli hanno rinfacciato la pessima gestione del rapporto con il numero dieci e totem assoluto giallorosso. 
Tanti gli interrogativi che il tecnico di Certaldo si sarà posto in quel volo da Miami a Roma dopo aver firmato il suo nuovo contratto con la società capitolina, tra i quali: può un allenatore avere un occhio di riguardo nei confronti di un giocatore che non è più, inevitabilmente, il giocatore di un tempo soprattutto dal punto di vista fisico? Può un nuovo allenatore trattare questo calciatore come un prescelto, una sorta di eletto, a discapito del resto del gruppo? E' giusto, al contrario, trattarlo come uno dei tanti, quando ovviamente non lo è? Queste, e tante altre, le questioni alle quali ad oggi Luciano Spalletti non saprebbe ancora rispondere. Tuttavia, nel frattempo, si gode i quattro punti che Totti gli ha fatto guadagnare in classifica, alimentando le speranze sue e della Roma di secondo posto. 
Anzi. L'ingresso del dieci ieri sera ha contribuito, dopo le polemiche (reali o fasulle che siano) del post Bergamo, ad infuocare l'ambiente dell'Olimpico, reso ostile dal vantaggio del Torino da poco siglato da Martinez. L'ondata di entusiasmo che Totti ha portato in campo, ha infuso serenità e tranquillità nei compagni e, paradossalmente, ma nemmeno così tanto, irretito le resistenze dei granata, quasi imbarazzati nel fronteggiare l'avanzata della storia che stava per scrivere un'altra pagina del proprio libro. 
Totti è la Roma. Inevitabile. Lungi dalle intenzioni del tecnico toscano intaccare il passato del monumento calcistico degli ultimi vent'anni della capitale (e del calcio italiano tutto) provando a snobbarlo al crepuscolo della sua carriera. Le necessità di Spalletti, messo spalle al muro ed al contempo salvato in extremis dai gol del pupone, è anche quella però di pensare al bene della Roma, inteso come squadra e società, che in questo momento, soprattutto dal primo minuto di gioco delle partite, non prevede l'utilizzo in squadra di Totti. Di contro, la voglia di sentirsi ancora importante e poco comprimario in rosa del capitano ha contribuito alla scissione delle parti, creando una baraonda che ha diviso tifosi e non solo.
Si inserisce in questo crepitio di mortaretti la volontà, apparentemente irremovibile, della società, che silenziosa ha espresso il proprio volere attraverso la bocca dell'allenatore: Spalletti ha dovuto far muro con stampa e tifosi sul caso Totti, annunciando ufficiosamente la naturale cessazione del contratto del capitano, che nel frattempo rifiuta categoricamente di appendere gli scarpini al chiodo (e visto quel che è ancora capace di fare, tanto torto non ha) e rinnovare il suo contratto con un modesto part-time. Quattro sfide, nel frattempo, al termine della stagione. Quattro gradini che scandiranno il passo d'addio dell'ottavo Re di Roma, che rischia però di essere gravemente macchiato. Una carriera che merita ben altro finale. 

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